Sinossi

Zakhor in ebraico significa – ricorda.

E’ l’ultima parola che l’autore del libro

“Io sono confine”
(Shahram Khosravi ed. Elèuthera, 2019) utilizza per indicare la memoria, mai da perdere, di tutti coloro che sono stati costretti a “essere confine”.

Il gruppo teatrale bovisateatro ha conosciuto l’autore, un antropologo iraniano, che ha scritto un saggio per spiegare le molteplici interpretazioni del concetto di confine privilegiando le storie dei
migranti incontrati durante il proprio viaggio dall’Iran alla Svezia.Oltrepassare il limite, la frontiera comporta la perdita di identità e di memoria. Si scappa perdendo i propri diritti, alla ricerca di nuove identità che vengono troppo spesso brutalmente offese sulle soglie dei confini. Eppure su questi limiti si creano relazioni e incontri per ritrovarsi e raccontarsi.

Il racconto delle storie personali può essere e, vorremmo che lo fosse, una modalità per riconoscerci tutti persone portatrici di diritti. Essenziali e simbolici gli elementi di scena a rappresentare confini, prigioni, frontiere e muri. Così i personaggi rappresentano tutti i migranti, i soldati, le vittime, i rifugiati, i disperati, i trafficanti di uomini, i bravi o i cattivi cittadini che si incontrano sulle soglie e sulle rotte delle migrazioni.

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