Sinossi

Gabriele Santoro vive in un quartiere popolare di Napoli ed è titolare della cattedra di pianoforte al Conservatorio San Pietro a Majella. Una mattina, mentre sta radendosi la barba, il postino suona al citofono per avvertirlo che c’è un pacco, lui apre la porta e, prima di accoglierlo, corre a lavarsi la faccia. In quel breve lasso di tempo, un bambino di dieci anni si insinua nel suo appartamento e vi si nasconde. “Il maestro”– così lo chiamano nel quartiere – se ne accorgerà solo a tarda sera. Quando accade, riconoscerà nell’intruso, Ciro, un bambino che abita con i genitori e con i fratelli nell’attico del suo stesso palazzo. Interrogato sul perché della sua fuga Ciro non parla. Nonostante questo, il maestro, d’istinto, decide di nasconderlo in casa, ingaggiando una singolare, e tenace, sfida ai nemici di Ciro. Scoprirà presto che il bambino è figlio di un camorrista e che, come accade a chi ha dovuto negare presto la propria infanzia, Ciro ignora l’alfabeto dei sentimenti. Silenzioso, colto, solitario, il maestro di pianoforte è uomo di passioni nascoste, segrete. Toccherà a lui lo svezzamento affettivo di questo bambino che si è sottratto a un destino già scritto. Una partita rischiosa in cui, dopo una iniziale esitazione, Gabriele Santoro si getta senza freni.

PRESENTAZIONE DEL FILM
Roberto Andò porta al cinema l’adattamento di un suo romanzo, omonimo, uscito per La nave di Teseo. È una storia di una scoperta, quella che il maestro di pianoforte fa della paternità che non ha vissuto e della possibilità di far intravedere nuovi percorsi di vita ad un ragazzino capitato per caso nella sua vita.
Silvio Orlando ci regala una delle sue interpretazioni più sentite e riuscite, lavorando per sottrazione, aiutato dalla naturale malinconia del suo sguardo e dall’afflato poetico che sorregge tutto il film. L’opera riesce bene anche nell’intento di mostrare una Napoli sempre attraversata da intrecci malavitosi, dalla onnipresente camorra, ma sotto una nuova luce, quella delle persone perbene che resistono e vivono e non si lasciano spaventare. Un omaggio alla Napoli “dei quartieri”, dove anche le scelte che ognuno compie sono vicoli stretti che imprigionano e proteggono allo stesso tempo.
Analogamente vediamo come sappia trasformarsi il maestro Gabriele, come dentro di sé trovi energie nascoste per aiutare Ciro, come trovi in sé la sua stessa vita che aveva lasciato andare in un misto di deprivazione e solitudine. E a fare da cornice a tutto questo, l’arte, intesa come la musica di cui si nutre Gabriele, come la poesia che sempre lo accompagna e come anche la magistrale fotografia del film di Maurizio Calvesi, storico collaboratore di Andò. Bellissimo poi il personaggio di Diego: interpretato da Lino Musella, uno degli attori più poliedrici del nostro cinema, rappresenta il bivio, quello che poteva essere e non è stato ed è l’ideale anello di congiunzione emotiva tra i due protagonisti.

A cura di Ileana

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