Il diritto di uccidere
Venerdì 25 e Sabato 26 novembre
ore 21.15
Eye in the Sky di Gavin Hood
Con Helen Mirren, Alan Rickman, Aaron Paul, Iain Glen, Barkhad Abdi. GB 2015; Drammatico
La caccia ai terroristi di Al Shaabab porta l’esercito inglese e quello americano a una missione congiunta in territorio del Kenya. Qui dovrebbero incontrarsi tre terroristi, due di cittadinanza inglese e uno americana, che sono al top della classifica dei ricercati internazionali. Individuato il luogo dell’appuntamento, il colonnello Powell (inglese) e il generale Benson (americano) attivano i droni e qualunque mezzo tecnologico per saperne di più. Scoperto che all’interno della casa è presente un vero e proprio arsenale e che si sta procedendo all’armamento di due kamikaze, gli ufficiali chiedono l’autorizzazione a colpire dall’alto riducendo al minimo i danni collaterali. L’incrocio dei tre poteri, militare, giuridico e politico, rallenta le operazioni. Ma soprattutto le rallenta il fatto che all’esterno della casa una bambina abbia messo il suo banchetto per la vendita del pane.
PRESENTAZIONE DEL FILM:
Chi ha diritto di uccidere? Anche con una guerra in corso, è fondamentale porsi questo interrogativo e scandagliare quali potrebbero essere i limiti di questo potenziale diritto. Gavin Hood, regista sudafricano, Oscar per il miglio film straniero con Il suo nome è Tsotsi nel 2006, dedica tutto il suo impegno allo stimolo di un dibattito sulle ragioni di opportunità di un’azione militare e i danni collaterali ad essa connessi.
I modi di condurre una guerra sono naturalmente molto cambiati nel corso dei secoli, ma attualmente si assiste sempre più spesso ad azioni belliche “intelligenti”, portante avanti con l’uso di strumenti tecnologici sempre più sofisticati. Ma il sangue che scorre è sempre vero; e lo è ancora di più quando si tratta di vittime innocenti, di civili coinvolti. L’illusione che a condurre una guerra siano solo eserciti addestrati è terminata da tempo e quella di condurre una guerra chirurgica, rivolta ad obiettivi mirati, si scontra con la realtà della diffusione del conflitto casa per casa. Un film quindi che presta grande attenzione alla attualità – le immagini che vediamo, il linguaggio che ascoltiamo sono quelli che entrano nelle nostre case tutte le sere. Nonostante l’enorme quantità di informazioni di cui disponiamo, spesso in tempo reale, cosa sappiamo veramente di come si combatte una guerra moderna? Hood prova a mostrarcelo, focalizzandosi su coloro che stanno seduti comodi nella stanza dei bottoni, comandando droni come fossero videogiochi, mentre il mondo va in frantumi. Il regista prova a operare una riflessione anche sul modo in cui i social network arrivino a influenzare le decisioni strategiche per il potere che l’impatto di tali decisioni ha su di essi e quindi sulla capacità di spostare l’opinione pubblica da una parte o dall’altra.
Il dilemma morale che affrontano i protagonisti del film, ciascuno con dubbi che sembrano poggiare su ragioni plausibili, è basato sul contrasto tra senso del dovere e coscienza morale, in definitiva sul se e come scegliere il male minore. Il colonnello Powell, interpretato da una strepitosa Helen Mirren, è consapevole della crudeltà di alcune scelte ma sembra esser dedita esclusivamente al raggiungimento del proprio obiettivo. E non può aver risposta alla temibile domanda: quanto vale il sacrificio di una singola persona, quando può salvarne altre cento? Resta da chiedersi: che avreste fatto voi?
Ultima interpretazione di Alan Rickman, a cui il film è dedicato.
Battuta dal film: “Non far sapere mai ad un soldato quant’è disumana la guerra”
A cura di Ileana